Scuola Forense
di Taranto
Marseille, les vendredi 19 et samedi 20 mars 2004 - LES DROITS DES MIGRANTS
 



Ordine degli Avvocati
Provincia di Taranto















INTRODUZIONE AL FENOMENO “IMMIGRAZIONE”.

     La storia europea, al pari di quella degli altri continenti, è caratterizzata da significativi movimenti migratori i quali, ben lungi dall’iconografia dell’Europa come continente delle migrazioni “di massa”, si articolano su diversi livelli (internazionali, interregionali, stanziali, stagionali, ecc.), e rappresentano una componente strategica nella storia economica e sociale degli ultimi trecento anni.

     E’ la storia dei 12,6 milioni di italiani emigrati in Europa tra il 1876 ed 1976, ma è anche la storia, degli stagionali polacchi in Russia, dei frontalieri piemontesi e liguri, che per la vendemmia si trasferivano nelle regioni vinicole francesi a metà del XIX secolo, di tutti quei lavoratori che misero in opera le ferrovie e le altre vie che tra l’Ottocento e il Novecento trasformarono le comunicazioni e la  circolazione in Europa [1] .

     La storia delle migrazioni per lavoro, nell’Europa moderna, peraltro si incrocia continuamente con la storia di quei movimenti di popolazione originati da persecuzioni di natura politica, culturale, religiosa:  la storia dei rifugiati e del diritto di asilo [2] .

     Migranti e rifugiati sono accomunati innanzitutto dal fatto che, nei paesi di arrivo, questi si mescolano con le classi popolari e, in quanto stranieri, divengono oggetti di politiche e di tecniche di controllo specifiche, messe in atto dagli Stati europei nella misura in cui questi ultimi divengono sempre più “nazionali”.

     A partire dall’Ottocento, dunque, lo stesso concetto di straniero subisce una trasformazione radicale divenendo paradigma dell’esclusione politica, parallelamente alla  ridefinizione su base nazionale dei codici dell’inclusione, della “cittadinanza”.

     Oggi le migrazioni, imposte da molteplici ragioni (demografiche, economiche, politiche, religiose), inducono, in diverse aree geografiche, a vere e proprie risistemazioni della popolazione.

     Risultano mutati modalità, direzione ed intensità dei flussi, le tradizionali classificazioni rivelano una crescente inadeguatezza e si fa ogni giorno più esile la distinzione tra immigrati, rifugiati, richiedenti asilo.

     Resta pur vero tuttavia, che la genesi e gli sviluppi dell’asilo e dell’immigrazione nella storia costituzionale europea, per quanto interferenti per molteplici aspetti, si pongono su piano differenziati, innanzitutto in tema di ingresso, e danno origine a diversi status in capo allo straniero, ed è all’interno di queste categorie che i movimenti migratori continuano ad essere disciplinati legislativamente nei paesi di destinazione.

     Il fenomeno immigrazione resta sconosciuto all’ordinamento italiano fino alla metà degli anni Ottanta.

     Fino alla l. n. 943 del 1986, attuativa della Convenzione OIL n. 143 del 1975 sul trattamento dei lavoratori migranti, in materia sussistevano infatti le sole norme del T.U. di pubblica sicurezza del 1931 (t.u.p.s., r.d. 18 giugno 1931, n. 773) e del relativo regolamento di esecuzione (r.d. 6 maggio 1940, n. 635) dedicate agli stranieri, nonché la normativa di diritto internazionale recepita da leggi nazionali, ma soprattutto vigeva in materia un vasto sottobosco di norme amministrative, una sorta di infra-droit [3] che integrava ed adattava la scarna e frammentaria legislazione in materia alle successive trasformazioni del fenomeno ed alle esigenze che questo determinava.

     La disciplina contenuta nel t.u.p.s. risultava essenzialmente mirata a controllare gli spostamenti e l’attività del singolo straniero sempre in relazione alla sicurezza pubblica: la prassi amministrativa ha dunque tentato per lungo tempo di adattare queste norme di polizia a fini di regolazione di sempre più consistenti ed articolati movimenti di popolazione attraverso i confini nazionali e la necessità di una ridefinizione delle norme in materia risultava da tempo avvertita in dottrina [4] .

     Il quadro normativo ora accennato conserva comunque un’indubbia rilevanza storica, emergendo da questo due delle caratteristiche che hanno segnato, ed in parte segnano tuttora, lo sviluppo del diritto italiano dell’immigrazione: innanzitutto una lettura dominante del fenomeno quale problema principalmente di sicurezza, di ordine pubblico, in secondo luogo (e consequenzialmente) l’elevato margine di discrezionalità di cui ha goduto e gode l’amministrazione nell’esecuzione della normativa in materia [5] .

     Il tutto caratterizzato da una diffusa e progressiva tutela costituzionale dello straniero extracomunitario in quanto persona.  s.,amento dei lavoratori migranti, in materia sussistevano infatti le sole norme del T.U. di pubblica sicurezz

s.,amento dei lavoratori migranti, in materia sussistevano infatti le sole norme del T.U. di pubblica sicurezz



[1] Collingson S., “Le migrazioni internazionali e l’Europa”, Bologna 1993; pag. 30 ss e Sassen S., “Migranti, coloni, rifugiati. Dall’emigrazione di massa alla fortezza Europa”, Milano, 1999; pag. 89 ss.

[2] Nicotra Guerrera I., “Territorio e circolazione delle persone nell’ordinamento costituzionale”, Milano, 1995; pag. 78 ss.   

[3] Crisafulli V., “In tema di incolato dell’apolide”, in Foro amm., 1957, I, IV, 10 ss.

[4] Cuniberti M., “Politica dell’immigrazione, condizione dello straniero e garanzie costituzionali: a proposito del recente decreto legge sull’immigrazione”, in Dir. pubbl., 1996, 443 ss.

[5] Pastore F., “Migrazioni internazionali e ordinamento giuridico”, in “Storia d’Italia” – Annali, 14 (Legge, Diritto, Giustizia), Torino, 1998, 1033 ss. e Sirianni G., “La polizia degli stranieri”, Torino, 1999; pag. 17 ss.

 

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