CAPITOLO I
LA DISCIPLINA DELL’IMMIGRAZIONE
NELL’UNIONE EUROPEA.
1.1
– LA CONVENZIONE APPLICATIVA DELL’ACCORDO DI SCHENGEN DEL
19 GIUGNO 1990: QUADRO ISTITUZIONALE E ITER DI APPLICAZIONE.
L’Accordo di Schengen,
firmato il 14 giugno 1985 da Francia, Germania, Belgio, Olanda
e Lussemburgo costituisce il frutto di un’iniziativa intergovernativa
tesa al completamento della libertà di circolazione delle persone,
prevista dal Trattato istitutivo della Comunità Europea,
attraverso la graduale eliminazione dei controlli alle frontiere
comuni1.
1.2 – SCHENGEN E LA QUESTIONE
DELL’IMMIGRAZIONE:
LO STATO DEI CONTROLLI ALLE FRONTIERE.
A questo
fine, la Convenzione stabilisce le condizioni di ingresso nell’Area,
degli stranieri, intendendo come tali gli individui che non siano
cittadini di uno Stato membro della Comunità Europea (art.
5), e detta i principi in base ai quali devono essere effettuati
i controlli alle frontiere esterne, allo scopo di evitare che,
venendo questi condotti secondo criteri differenti, vi siano dei
punti in cui l’ingresso nell’Area sia più facile (art. 6)9.
Un dato
comune è emerso: la difficoltà che nelle diverse realtà, si
incontra per rendere effettivi i decreti di espulsione emessi
dai prefetti.
Si può
richiamare l’esperienza effettuata a Lampedusa, dove il respingimento
alla frontiera degli immigrati sbarcati clandestinamente appare
impraticabile, in assenza di collegamenti marittimi regolari di
linea verso i paesi di provenienza dei clandestini stessi10.
Qui,
a fronte di stranieri privi di documenti e di mezzi di sostentamento,
non può che scattare il provvedimento di espulsione che, però,
offrendo 15 giorni di tempo per lasciare il Paese, si trasforma
in una sorta di lasciapassare che permette a molti di risalire
la Penisola e di far perdere le tracce una volta giunti nelle
grandi città del nord11.
Inoltre,
per una serie di difficoltà di natura tecnica l’Italia si è mantenuta,
per anni, ai margini dell’Area Schengen, con grave pregiudizio
nei confronti dei partner europei.
Ci si
auspica che, con l’entrata in vigore della nuova legge sull’immigrazione,
il nostro Paese possa rientrare a pieno titolo negli accordi di
Schengen12
13.
La Convenzione
istituisce un visto uniforme valido per il territorio di tutti
i Paesi dell’Area Schengen per un soggiorno massimo di
tre mesi (art. 10 co. 1°).
Questa
disciplina comune si fonda, innanzitutto, su una serie di requisiti
necessari affinché una parte contraente possa concedere il soggiorno
per tali brevi periodi.
Fra questi,
un particolare rilievo acquista l’accertamento della disponibilità,
da parte dello straniero, di “mezzi di sussistenza sufficienti,
sia per la durata prevista dal soggiorno, sia per il ritorno nel
paese di provenienza o per il transito verso un terzo Stato nel
quale la sua ammissione è garantita” ovvero l’accertamento
della capacità di “ottenere legalmente detti mezzi” (art.
5, comma 1, lett. C)14.
Nè tuttavia,
impone a quest’ultimi di recarsi “senza indugio” nel territorio
dello Stato contraente che ha rilasciato l’autorizzazione (art.
23 co. 2°).
La Convenzione
obbliga gli stranieri che non soddisfino o non soddisfino più
le condizioni di soggiorno, stabilite da uno dei Paesi dell’Area
Schengen, a lasciare “senza indugio” il territorio
di questi ultimi e prevede, per il caso che lo straniero non ottemperi
a tale obbligo o è presumibile che non lo faccia, l’allontanamento
forzato verso il suo Paese d’origine o qualsiasi altro Paese
nel quale egli possa essere ammesso (art. 23 co. 1°, 3° e 4°)20.
Inoltre,
a fronte di quanto previsto dall’art. 25, 2° comma della Convenzione
di applicazione dell’Accordo di Schengen del 19 giugno
1990, resa esecutiva dalla l. 30 settembre 1993 n. 388 – secondo
cui lo stato che ha ricevuto segnalazione ai fini della non ammissione
di straniero, già titolare di permesso di soggiorno, deve consultarsi
con lo stato che ha effettuato la segnalazione, prima di ritirare
il suddetto titolo – è da ritenersi che la segnalazione di inammissibilità,
proveniente da uno stato contraente, non comporti automaticamente
il diniego di rinnovo di permesso di soggiorno, che invece, va
adeguatamente motivato circa le ragioni del diniego, a disfavore
dell’interessato21.
La Convenzione
detta anche disposizioni concernenti i vettori.
In particolare,
impone ai vettori di accertarsi che gli stranieri trasportati
siano in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso
nei Paesi dell’Area Schengen (art. 26 co. 1° lett. b),
demandando a questi ultimi la previsione di sanzioni per i vettori
che trasportino da un Paese terzo verso il loro territorio stranieri
non in possesso dei suddetti documenti (art. 26 co. 2°)22.
La Convenzione
obbliga, inoltre, i vettori che abbiano condotto presso le frontiere
esterne dell’Area, degli stranieri cui venga rifiutato l’ingresso
nell’Area medesima, di prenderli immediatamente a bordo e di ricondurli
nel Paese di provenienza, nel Paese terzo che ha emesso i loro
documenti di viaggio o in qualsiasi altro Paese in cui possano
essere ammessi (art. 26 co. 1° lett. a).
1.3 – IL RUOLO DEL COMITATO
PARLAMENTARE E L’INDAGINE CONOSCITIVA.
1.4
– IL SISTEMA DI INFORMAZIONE SCHENGEN.
La Convenzione,
istituisce il Sistema d’Informazione Schengen, un sistema
informativo comune ai Paesi dell’Area Schengen, che consente
agli organi competenti di questi, di consultare attraverso una
procedura automatizzata dati, concernenti persone e cose, nel
corso dei controlli alle frontiere o di altri controlli di polizia
e doganali (art. 92 co. 1°).
Tale
sistema, affiancandosi allo strumento tradizionale dello scambio
di informazioni tra gli organi competenti dei diversi Paesi dell’Area
(art. 7), non può che rendere più efficace la lotta contro l’immigrazione
clandestina26.
Il Sistema
d’Informazione Schengen (SIS), avvalendosi delle informazioni
in esso contenute e conformemente alle disposizioni della Convenzione,
ha l’obiettivo sia di garantire l’ordine pubblico e la sicurezza
pubblica, sia di assicurare l’applicazione delle disposizioni
sulla circolazione delle persone27.
Conseguentemente,
il SIS deve consentire di identificare le persone e gli
oggetti segnalati, di conoscere le motivazioni della ricerca,
di determinare le azioni da effettuare prioritariamente assicurando
nel contempo l’incolumità del personale incaricato di effettuare
il controllo.
Il SIS è costituito
da una sezione nazionale presso ciascun Paese aderente all’accordo
(indicata nel seguito come N-SIS) e da un’unità di supporto
tecnico situata a Strasburgo (ed indicata nel seguito come C-SIS).
Ciascuna struttura
(sia N-SIS che C-SIS) possiede una copia identica della base informativa28.
Per quanto riguarda
la struttura degli N-SIS, va detto che essi, oltre che
una struttura tecnica direttamente incaricata della gestione della
base informativa, comprendono un ufficio S.I.RE.N.E. (Supplementary
Information Request at National Entry) con il compito di mettere
in collegamento le autorità giudiziarie e di polizia di un Paese
con i loro colleghi stranieri al fine di acquisire le informazioni
ulteriori, non disponibili nella base informativa del N-SIS.
Gli Uffici SIRENE, pur
non espressamente contemplati nella Convenzione di applicazione
degli accordi di Schengen, sono riconducibili - secondo
una possibile interpretazione - all’art. 108 della stessa29.
1.5
– SCHENGEN E LA “COOPERAZIONE RAFFORZATA”.
In una
prospettiva europea, gli accordi di Schengen rappresentano
- secondo l’espressione usata dal Ministro dell’Interno Giorgio
Napolitano nel corso dell’audizione svolta di fronte al Comitato
parlamentare il 15 maggio 1997 - “un esempio ante litteram
di cooperazione rafforzata tra alcuni membri soltanto dell’Unione
dei Quindici”.
Il concetto
di cooperazione rafforzata era già presente nel Trattato
di Maastricht, per esempio laddove si prevede, nel Titolo
contenente “Disposizioni relative alla cooperazione nei settori
della giustizia e degli affari interni”, che “le disposizioni
del presente Titolo non ostano all’instaurazione e allo sviluppo
di una cooperazione più stretta tra due o più Stati membri, sempre
che tale cooperazione non sia in contrasto con quella prevista
nel presente Titolo né la ostacoli” (art. K. 7).
Com’è
noto, il Progetto di Trattato di Amsterdam, approvato dal
Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 1997, valorizza fortemente
lo strumento della cooperazione rafforzata, sottoponendola
nel contempo a condizioni più rigide.
A questo
fine è dedicato l’articolo (1) (numerazione provvisoria) delle
“Disposizioni generali da inserire quale nuovo Titolo nelle
Disposizioni comuni del Trattato sull’Unione Europea”, il
quale subordina la possibilità di instaurare una cooperazione
rafforzata a una serie di condizioni:
• sostanziali (p.e. che ogni cooperazione
rafforzata “sia intesa a promuovere gli obiettivi dell’Unione
e a proteggere e servire i suoi interessi”);
• formali (p.e. che ogni cooperazione
rafforzata “riguardi almeno la maggioranza degli Stati
membri”, che “sia aperta a tutti gli Stati membri”
e che “sia autorizzata dal Consiglio”).
A queste
condizioni generali di legittimità, destinate a valere per ogni
cooperazione rafforzata, l’articolo K.12, del Progetto
di Trattato di Amsterdam, aggiunge condizioni ulteriori, dettate
specificamente per le iniziative di cooperazione rafforzata
nel settore della cooperazione di polizia30
e giudiziaria in materia penale, ambito residuo di quello che
viene ormai abitualmente definito “Terzo pilastro” 31 32.
Tra le
condizioni specifiche di legittimità delle iniziative di cooperazione
rafforzata assunte nelle materie di cui al Titolo VI del Trattato
sull’Unione Europea, particolare rilevo assumono il vincolo
relativo al fine (la cooperazione rafforzata deve “consentire
all’Unione di svilupparsi più rapidamente come spazio di libertà,
di sicurezza e di giustizia”) e il vincolo procedurale consistente
nella necessità che la cooperazione rafforzata sia autorizzata
dal Consiglio a maggioranza qualificata e senza che alcuno Stato
membro vi si opponga esplicitamente, nel qual caso occorre, per
poter procedere, una deliberazione unanime del Consiglio europeo33.
Il carattere
esemplare degli accordi di Schengen rispetto alla cooperazione
rafforzata, delineata ad Amsterdam, risulta particolarmente
evidente nel tipo di rapporto esistente tra le finalità specifiche
degli accordi stessi e le finalità generali delle Comunità europee.
Esiste
una coerenza assoluta tra questi due ordini di finalità, nella
misura in cui gli accordi di Schengen mirano a realizzare
anticipatamente quella “libera circolazione delle persone”
che l’articolo 7°, del Trattato istitutivo della Comunità europea
pone tra i caratteri costitutivi del mercato interno.
L’esemplarità
degli accordi di Schengen, come esperimento di cooperazione
rafforzata non deve tuttavia, far perdere di vista alcune
loro specificità.
In primo
luogo, va ricordato che, all’avvio del percorso negoziale materialmente
iniziato a Schengen, i paesi firmatari erano cinque (Belgio,
Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi), mentre gli Stati
membri della Comunità europea erano già nella misura di
dieci (fino all’adesione formale della Spagna e del Portogallo,
avvenuta - com’è noto - il 1° gennaio 1986)34.
Si trattava,
pertanto, di una ‘cooperazione rafforzata’ inizialmente
non maggioritaria, che quindi, non sarebbe stata conforme alle
condizioni di legittimità che, come abbiamo visto, sono oggi imposte
a questa forma di integrazione dal Progetto di Trattato di
Amsterdam.
Va però
sottolineato che, se alla partenza solo la metà degli Stati membri
era pienamente coinvolto, oggi lo “Spazio Schengen” copre,
anche se non ancora a titolo operativo, l’intero territorio comunitario
(con le uniche eccezioni della Gran Bretagna e dell’Irlanda) e
si spinge persino al di là, grazie allo status di osservatori
attribuito all’Islanda e alla Norvegia.
Proprio
nella forma anomala di partecipazione di questi due ultimi paesi
risiede la seconda specificità degli accordi di Schengen
come esempio di cooperazione rafforzata.
Il “Gruppo Schengen”’,
infatti, si estende ormai al di là dei confini dell’Unione
europea, distinguendosi in ciò dalla cooperazione rafforzata
nella sua accezione più alta35.
1.6
– L’INCORPORAZIONE DELL’ “ACQUIS” DI SCHENGEN NELL’UNIONE
EUROPEA.
Da ultimo,
in ambito nazionale, il processo di “Comunitarizzazione”,
ha portato all’emanazione di un decreto legislativo, che, in stretta
aderenza all’intera “Acquis di Schengen” ha disposto in
materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli stati
membri dell’Unione europea40 (nel territorio dello Stato italiano).
Le disposizioni
regolamentari concernenti la stessa materia sono invece contenute
nel D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 53 (Testo C).
I due provvedimenti sono
ricompresi, con le opportune evidenziazioni, nel “Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di circolazione
e soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea.
(Testo A)”, emanato con D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54.
1.6.1.
– Il nuovo gruppo di articoli riguarda il cosiddetto “terzo pilastro”:
Immigrazione e asilo nella Costituzione europea (Progetto preliminare
di trattato 14.3.2003).
Giscard
d’Estaing annuncia la definitiva demolizione del cosiddetto “terzo
pilastro” dell’Unione europea: la sicurezza interna,
la giustizia, le libertà pubbliche, dovranno essere gestite dall’Europa
abbandonando il metodo della cooperazione intergovernativa.
E’ la
proposta del presidente della Convenzione che verrà discussa ed
emendata dai membri dell’Assemblea.
Il nuovo
gruppo di articoli prospetta un completamento del processo con
cui nel 1997 il Trattato di Amsterdam aveva avviato un’integrazione
della giustizia e degli affari interni fra le politiche comunitarie41.
Secondo
il Praesidium della Convenzione, l’Unione del dopo
2004 dovrà necessariamente dotarsi di una serie di strumenti:
una politica comune in materia di asilo e immigrazione, norme
anticrimine comuni in alcuni settori (terrorismo, tratta di esseri
umani, traffico di droga, corruzione) e una procura europea in
rete.
Con la nuova proposta,
inoltre, viene introdotta esplicitamente nella Costituzione
Europea una delle “regole d’oro” individuate dalla
Convenzione, cioè l’individuazione e l’introduzione di una separazione
tra compiti legislativi e operativi in seno all’Unione.
1.7
- POLITICA COMUNITARIA DI RIMPATRIO DELLE PERSONE CHE SOGGIORNANO
ILLEGALMENTE NEGLI STATI MEMBRI.
La Commissione
delle Comunità Europee, ha redatto e presentato, un “Libro
Verde”, su una politica comunitaria di rimpatrio delle persone
che soggiornano illegalmente negli stati membri42.
Infatti,
a seguito dell’introduzione nel Trattato di Amsterdam della
competenza comunitaria in materia di immigrazione e di asilo43, i capi di Stato e di governo hanno
auspicato, in occasione del Consiglio europeo di Tampere
dell’ottobre 1999, lo sviluppo di una politica comune dell’Unione
su questi temi, quali anche il rimpatrio.44
Alcune
cifre sui rimpatri vengono raccolte a livello UE.
In base
ai dati disponibili, nel 2000 sono state allontanate in totale
367.552 persone45,
mentre nel 199946
gli stranieri allontanati sono stati 324.206.
Nel quadro
dei programmi di rimpatrio volontario assistito, gestiti
dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (IOM),
nel 2000 hanno lasciato volontariamente la UE 87.628 persone,
mentre nel 1999 il loro numero è stato di 78.27347.
Tuttavia,
gli Stati membri, a detta della stessa Commissione delle Comunità
Europee, potrebbero condividere informazioni più complete
e più dettagliate in materia di rimpatri volontari e di allontanamenti,
sulla base di definizioni comuni che eliminerebbero i problemi
di comparabilità48.
La Commissione
presenterà un piano d’azione49 per attuare la decisione del Consiglio
del maggio 2001 volta a introdurre una relazione annuale pubblica
in materia di asilo e di migrazione, che dovrebbe includere una
sezione in cui vengono analizzati i dati sul rimpatrio.
Eventualmente,
anche un Osservatorio europeo sulle migrazioni, attualmente
in fase di sviluppo, potrebbe contribuire a migliorare le conoscenze
in materia di rimpatrio.
Si può
porre fine al soggiorno legale mediante una decisione di
allontanamento basata su condizioni specificate per legge.
Le norme
iniziali relative alle decisioni di allontanamento sono state
fissate nella direttiva 2001/40/CE relativa al riconoscimento
reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di paesi
terzi, adottata nel maggio 200150.
Nel quadro
di questa direttiva, il cittadino di un paese terzo è oggetto
di una decisione di allontanamento in caso di minaccia grave
e concreta all’ordine pubblico o alla sicurezza
nazionale in due serie di casi51.
In primo
luogo, una decisione di allontanamento può essere dovuta alla
condanna del cittadino di un paese terzo, per un reato punibile
con una pena privativa della libertà di almeno un anno.
Inoltre,
è sufficiente l’esistenza di seri motivi per ritenere che il cittadino
di un paese terzo abbia commesso fatti punibili gravi o l’esistenza
di indizi concreti che intende commettere fatti di tale natura
nel territorio di uno Stato membro.
In secondo
luogo, il cittadino di un paese terzo è oggetto di una decisione
di allontanamento, quando non rispetta le normative nazionali
relative all’ingresso o al soggiorno degli stranieri.
La Commissione
ha cercato di delineare una politica comunitaria di rimpatrio,
che costituisce una necessità nel quadro del processo per lo sviluppo
di una politica europea generale in materia di asilo e di immigrazione52.
L’obiettivo
primario del “Libro Verde” è sollecitare reazioni da tutte
le parti interessate e avviare un’ampia discussione fra di esse53.
Il Parlamento
europeo, il Consiglio, il Comitato economico e sociale, il Comitato
delle regioni, i paesi candidati, i paesi terzi partner, le organizzazioni
governative internazionali, le organizzazioni non governative,
le università, nonché le altre organizzazioni della società civile
e gli individui interessati sono invitati a fornire il proprio
contributo al dibattito.
La Commissione
continuerà a inserire clausole standard di riammissione
in tutti i futuri accordi di associazione e di cooperazione.
Le clausole
attuali sono state adottate dal Consiglio il 3 dicembre 199954 in revisione di quelle del 199655,
al fine di adeguare queste ultime alla nuova situazione giuridica
derivante dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam.
Tali
clausole non costituiscono accordi di riammissione in senso stretto,
in quanto rappresentano solo “clausole abilitanti”, volte
cioè esclusivamente a impegnare le parti contraenti a riammettere
i propri cittadini, i cittadini di paesi terzi e gli apolidi.
Ma le
disposizioni operative vere e proprie e le modalità procedurali
sono lasciate alle convenzioni di attuazione che dovranno essere
concluse a livello bilaterale dalla Comunità o dai singoli Stati
membri.
Nell’adottare
le attuali clausole del dicembre 1999, il Consiglio ha chiarito
che esse dovranno essere inserite in tutti gli accordi che verranno
conclusi in futuro dalla Comunità, mentre le “vecchie”
clausole del 1996 devono essere inserite solo in casi specifici,
il che, durante i negoziati, ha provocato spesso accuse di discriminazione
a carico della UE.
Pur deviando
parzialmente dal testo standard, dal 1996 sono state incluse
clausole di riammissione, fra l’altro, negli accordi con l’Algeria56, l’Armenia57, l’Azerbaigian58,
la Croazia59,
l’Egitto60,
la Georgia61,
il Libano62,
la Macedonia63,
l’Uzbekistan64,
nonché nell’Accordo di Cotonou fra l’UE e i paesi
ACP65.
Tali norme sono attualmente
oggetto di negoziati con una serie di altri paesi66.
1.8
– IMMIGRAZIONE CLANDESTINA, LA SOLIDARIETA’ DELL’EUROPA: proposti nuovi organi e più fondi per migliorare i controlli
alle frontiere esterne (Consiglio Ue 16.6.2003).
Solidarietà
sulla questione sensibile e complessa dei controlli alle frontiere
esterne dell’Europa.
In
un documento recentemente pubblicato, il Consiglio dell’Unione
ricorda il principio alla base dell’elaborazione di una politica
comune in materia di immigrazione67.
La
solidarietà, cioè la giusta ripartizione delle responsabilità
tra gli Stati membri, deve riguardare i controlli alle frontiere
terrestri e marittime, l’accoglienza degli immigrati, la politica
dei visti, la cooperazione con i paesi terzi per frenare all’origine
il flusso di clandestini.
Il
Consiglio avanza, inoltre, nuove proposte concrete.
Invita
la Commissione ad esaminare la possibilità di creare nuovi meccanismi
istituzionali, come ad esempio una struttura operativa comunitaria
per rafforzare la gestione comune delle frontiere esterne dell’Unione.
Propone
un maggiore sostegno finanziario alle azioni di rimpatrio dei
clandestini, che pure restano di competenza dei singoli Stati
membri.
Un
meccanismo di valutazione potrebbe inoltre, essere elaborato allo
scopo di istituire un controllo sulle relazioni con i paesi d’origine
dei clandestini.
Per
rendere più concreto il principio di solidarietà,
il Consiglio propone, infine, un aumento delle risorse finanziarie
comunitarie da destinare a questo settore e fa una stima dei fondi
necessari: 140 milioni di euro.
Nello
specifico, il Consiglio, ha adottato come “sostrato” per
i suoi lavori:
·
le conclusioni del Consiglio europeo di Siviglia
del 21 e 22 giugno 2002, in cui i capi di Stato e di Governo hanno
ribadito la loro determinazione ad accelerare l’attuazione, in
tutti i suoi aspetti, del programma adottato a Tampere68 il
15 e 16 ottobre 1999;
·
gli orientamenti di Siviglia riguardanti le misure di
lotta all’immigrazione clandestina, l’attuazione progressiva di
una gestione coordinata e integrata delle frontiere esterne, e
l’integrazione della politica di immigrazione nelle relazioni
dell’Unione con i paesi terzi;
·
il principio di solidarietà
sancito dall’attuale trattato con riguardo all’accoglienza dei
rifugiati e degli sfollati e che è alla base dell’istituzione
del Fondo
europeo per i rifugiati69; convinto
che il principio di solidarietà implichi un’equa ripartizione
delle responsabilità tra gli Stati membri, anche in materia finanziaria,
nei settori contemplati da tutte le politiche comunitarie in materia
di controlli di frontiera, asilo e immigrazione; rammentando che
il Consiglio europeo di Siviglia ha chiesto alla Commissione
di effettuare uno studio sulla suddivisione degli oneri fra gli
Stati membri e l’Unione circa la gestione delle frontiere esterne
e di presentare al Consiglio una relazione sull’efficacia delle
risorse finanziarie disponibili a livello comunitario in materia
di rimpatrio degli immigranti e dei richiedenti asilo respinti,
di gestione delle frontiere esterne e di progetti di asilo e migrazione
nei paesi terzi;
·
le conclusioni del Consiglio, del
novembre 2002, sulla cooperazione intensificata con i paesi terzi
per la gestione dei flussi migratori, la comunicazione della Commissione
del dicembre 2002 e le conclusioni del Consiglio, del maggio 2003,
su migrazione e sviluppo, che, definiscono il quadro per l’integrazione
delle questioni connesse alle migrazioni nelle relazioni dell’Unione
europea con i paesi terzi;
·
le conclusioni del Consiglio del
28 febbraio 2002, in cui la Commissione è stata invitata ad effettuare
uno studio di fattibilità per individuare il modo in cui migliorare
i controlli alle frontiere marittime, nonché quelle del giugno
2002 sulle misure da applicare per prevenire e combattere l’immigrazione
clandestina, il traffico di clandestini e la tratta di esseri
umani via mare e, in particolare, sulle misure nei confronti dei
paesi terzi che rifiutano di cooperare con l’Unione europea
nella prevenzione e nella lotta contro tali fenomeni.
Tenendo
conto dell’interesse comune di tutti gli Stati membri dell’UE
ad instaurare una gestione più efficace delle loro frontiere esterne
e prendendo atto dei risultati ottenuti con la realizzazione dei
vari programmi operativi, progetti pilota, analisi dei rischi,
cicli di formazione destinati al personale di frontiera ecc.,
nonché delle conclusioni che si devono trarre dallo studio effettuato
dalla Commissione, a richiesta del Consiglio, sulla questione
sensibile e complessa dei controlli alle frontiere marittime,
il Consiglio ha rilevato l’importanza di assicurare la continuità
e la coerenza dell’azione comunitaria in questo settore fissando
priorità e definendo un quadro e metodi più strutturati.
Come
indicato nelle conclusioni adottate a tale fine dal Consiglio
il 5 giugno 2003, il Segretariato generale del Consiglio assicurerà
la preparazione e il seguito delle riunioni dell’organo comune
e in tale compito esso potrebbe essere assistito, nella fase iniziale,
da esperti distaccati dagli Stati membri.
Il
Consiglio a tal proposito, ha invitato la Commissione ad esaminare,
a tempo debito, basandosi sull’esperienza acquisita attraverso
le attività dell’organo comune, la necessità di creare nuovi meccanismi
istituzionali, compresa l’eventuale creazione di una struttura
operativa comunitaria, al fine di rafforzare la cooperazione operativa
per la gestione delle frontiere esterne, sottolineando la necessità
di accelerare i lavori relativi all’adozione, quanto prima possibile
ed entro la fine del 2003, dello strumento giuridico appropriato
volto ad istituire formalmente la rete di funzionari di collegamento
sull’immigrazione nei paesi terzi.
Per
tanto il Consiglio ha invitato la Commissione a presentare, quanto
prima possibile, proposte relative alla rielaborazione del Manuale
comune, compresa l’apposizione di timbri sui documenti di viaggi
o dei cittadini di paesi terzi.
L’attuazione
di una politica comune in materia di rimpatrio delle persone soggiornanti
illegalmente è di competenza degli Stati membri.
Tuttavia,
si può conseguire una maggiore efficienza rafforzando la cooperazione
esistente ed istituendo appositi meccanismi, compresa una componente
finanziaria.
In
tale contesto, il Consiglio ha sollecitato la Commissione ad esaminare
tutti gli aspetti relativi alla creazione di uno strumento comunitario
separato destinato a sostenere, in particolare, le priorità previste
dal programma d’azione sul rimpatrio approvato dal Consiglio e
di riferirgli al riguardo entro la fine del 2003.
Nell’ambito
dell’integrazione delle questioni connesse con le migrazioni nelle
relazioni dell’Unione europea con i paesi terzi, il Consiglio
ribadisce che il dialogo e le azioni dell’UE nei confronti
dei paesi terzi nel settore delle migrazioni devono iscriversi
in un approccio generale, integrato, globale ed equilibrato, che
deve essere differenziato tenendo conto della situazione esistente
nelle varie regioni ed in ogni singolo paese partner.
Al
riguardo, il Consiglio riconosce l’importanza di elaborare un
meccanismo di valutazione per controllare le relazioni con i paesi
terzi che non cooperano con l’UE nella lotta contro l’immigrazione
clandestina e considera i punti seguenti di primaria importanza:
• partecipazione agli strumenti internazionali
pertinenti alla materia in questione (p.e.: convenzioni sui diritti
dell’uomo, Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 relativa
allo status dei rifugiati, modificata dal Protocollo di New York
del 31 gennaio 1967, ecc.),
• cooperazione dei paesi terzi nell’ambito della
riammissione/del rimpatrio dei loro cittadini e di cittadini di
paesi terzi,
• sforzi riguardanti il controllo delle frontiere
e l’intercettazione di clandestini,
• lotta alla tratta di esseri umani, compresa l’adozione
di misure legislative e di altro tipo,
• cooperazione nel settore della politica dei visti
ed eventuale adattamento dei loro regimi in materia di visti,
• creazione di sistemi di asilo, specie per quanto
riguarda l’accesso ad una protezione effettiva,
• sforzi riguardanti il rilascio di nuovi documenti
ai loro cittadini.
Nell’effettuare
la summenzionata valutazione, il Consiglio si avvarrà delle informazioni
fornite dalla rete di funzionari di collegamento sull’immigrazione
riguardo a quelli dei temi precitati rientranti nelle loro competenze.
In
seguito allo sviluppo della reciproca fiducia tra gli Stati membri
per la promozione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia,
che costituisce un obiettivo prioritario dell’Unione, il Consiglio
sottolinea che il principio di solidarietà deve essere
consolidato e reso più concreto, in particolare in termini di
rafforzamento della cooperazione operativa. Il Consiglio ha ritenuto
che, tenuto conto del quadro globale e della necessità di una
disciplina di bilancio, le prospettive finanziarie per il dopo
2006 debbano rispecchiare questa priorità politica della Comunità.
Nel frattempo, il Consiglio ha invitato la Commissione a esaminare,
nel rispetto dei principi che reggono l’utilizzazione delle risorse
di bilancio, la possibilità di utilizzare fondi della “rubrica
3” delle prospettive finanziarie tenendo conto della necessità
di mantenere margini adeguati nel quadro del massimale di tale
rubrica, per rispondere, durante il periodo 2004-2006, alle esigenze
strutturali più pressanti in questo settore e dare una definizione
più ampia al concetto di solidarietà, che, sulla scorta della
comunicazione della Commissione, comprenderebbe tra l’altro il
sostegno comunitario alla gestione delle frontiere esterne, all’attuazione
del programma d’azione sul rimpatrio e allo sviluppo del Sistema
d’informazione visti (VIS). A tale riguardo il Consiglio prende
atto della pertinente analisi della Commissione e della sua stima
a 140 milioni di euro dei fondi necessari a tal fine.
1.8.1.
– Aiuti finanziari Ue solo ai Paesi terzi che frenano l’immigrazione:
i criteri per valutare gli sforzi dei paesi terzi nella lotta
contro gli sbarchi clandestini(Progetto di conclusioni Consiglio
Ue 21.11.2003).
Solo
i Paesi che controllano l’immigrazione potranno avere buoni rapporti
con l’Europa.
La
strategia della lotta contro l’immigrazione illegale si basa su
questo assunto e su una stretta collaborazione con i paesi di
origine e di transito70.
Dal
livello di collaborazione, insomma, dipenderà la natura delle
relazioni che l’Unione intratterrà col paese terzo interessato.
Significa
che una cooperazione insufficiente potrebbe pregiudicare gli aiuti
tecnici e finanziari che normalmente l’Europa destina ai paesi
in difficoltà nell’ambito della cooperazione allo sviluppo71.
Al
fine di valutare in modo concreto l’atteggiamento dei paesi terzi
in materia di lotta contro l’immigrazione clandestina, il Gruppo
ad Alto livello “Asilo e immigrazione” Ue, ha previsto
l’istituzione di un apposito meccanismo di verifica.
Tale
meccanismo dovrebbe innanzitutto valutare la situazione migratoria
dei paesi terzi interessati e la loro capacità amministrativa
e istituzionale di gestire asilo e immigrazione.
Pertanto,
il meccanismo dovrebbe fornire tutte le informazioni rilevanti.
La
Commissione elaborerà un elenco degli indicatori per la valutazione.
Si
raccomanda comunque, di concentrarsi sui alcuni temi specifici,
tra cui: l’attuazione della legislazione nazionale ed internazionale
in vigore in materia di immigrazione e diritto di asilo; gli sforzi
compiuti nella lotta contro la tratta degli esseri umani; la cooperazione
nel settore della riammissione; la cooperazione nel settore della
politica dei visti.
2 Nascimbene
Bruno, “L’incorporazione degli accordi di Schengen nel quadro
dell’Unione europea e il futuro ruolo del Comitato parlamentare
di controllo”. Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1999, fasc. 3–4 (agosto), pag. 731-742.
3 Lucia Serena
Rossi,
“Proud to be European.
Orgoglio e pregiudizi dell’identità europea”,
in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2001, Fascicolo 4.
4 Documento
relativo all’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della
Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (Comitato
Schengen), pag. 5. (- 4. LO STATO DEI CONTROLLI ALLE
FRONTIERE ITALIANE. - online).
5 Badie B., “La fin des territoires”, Parigi, 1995.
6 Caruso
B., “Le politiche di immigrazione in Italia e in Europa: più
stato e meno mercato?”, in Dir. mercato lav., 2000, 279.
7 Joanna Apap, “Procedure di
regolarizzazione in Europa e criteri di ammissione”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2001, Fascicolo
4.
8 Nascimbene
Bruno, “L’incorporazione degli accordi di Schengen nel quadro
dell’Unione europea e il futuro ruolo del Comitato parlamentare
di controllo”. Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1999, fasc. 3–4 (agosto), pagg. 731-742.
9 Nascimbene
B., “Straniero nel diritto internazionale”, in Digesto
pubbl., Utet, Torino, 1999, vol. XV, 179.
10 Leonardo Maisano, “Le porte d’Europa.
Inchiesta sull’immigrazione clandestina”, in Dir., immigrazione
e cittadinanza, 2001, Fascicolo 1.
11 Nascimbene
Bruno, “Gli Accordi di Schengen e i problemi di applicazione
in Italia”. (Relazione al convegno di studi al “Il Migrationpolitisches
Forum”, Bonn, 18 marzo 1998). Jus, 1999, fasc. 1 (aprile),
pag. 421-428.
12 La
Tassa Elvio, “Un richiamo alle finalità dello Schengen”.
Rassegna di diritto e tecnica doganale e delle imposte di fabbricazione,
1999, fasc. 11 (novembre), pagg. 735-737.
13 Interessante
in merito, Cass., sez. III, 27 gennaio 2000, in Riv. pen., 2001,
181.
14 Mattera Alfonso,
“Civis europaeus sum”. ”La libertà di circolazione e di soggiorno
dei cittadini europei e la diretta applicabilità dell’articolo
18 (ex articolo 8°) del Trattato CE”. Il diritto dell’Unione Europea,
1999, fasc. 3 (settembre), pag. 431 ss.
15 Nascimbene
Bruno, “L’incorporazione degli accordi di Schengen nel quadro
dell’Unione europea e il futuro ruolo del Comitato parlamentare
di controllo”. Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1999, fasc. 3–4 (agosto), pagg. 731-742.
16 Mattera Alfonso,
“Civis europaeus sum”. ”La libertà di circolazione e di soggiorno
dei cittadini europei e la diretta applicabilità dell’articolo
18 (ex articolo 8°) del Trattato CE”. Il diritto dell’Unione Europea,
1999, fasc. 3 (settembre), pag. 464 ss.
17 Caruso
B., “Le politiche di immigrazione in Italia e in Europa: più
stato e meno mercato?”, in Dir. mercato lav., 2000, 279.
18 Joanna Apap, “Procedure di
regolarizzazione in Europa e criteri di ammissione”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2001, Fascicolo
4. Vedi, anche, Cap. II.
19 Nascimbene
Bruno, “Gli Accordi di Schengen e i problemi di applicazione
in Italia”. (Relazione al convegno di studi al “Il Migrationpolitisches
Forum”, Bonn, 18 marzo 1998). Jus, 1999, fasc. 1 (aprile),
pagg. 421-428.
20 Mattera Alfonso,
“Civis europaeus sum”. ”La libertà di circolazione e di soggiorno
dei cittadini europei e la diretta applicabilità dell’articolo
18 (ex articolo 8°) del Trattato CE”. Il diritto dell’Unione Europea,
1999, fasc. 3 (settembre), pagg. 431-464.
21 Nascimbene
B., Mafrolla E. M., “Recenti sviluppi
della politica comunitaria in materia di immigrazione e asilo”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2002, Fascicolo
1. In merito, anche, T.A.R. Piemonte, sez. II, 28 maggio 2001,
n. 1158, in Trib. amm. reg., 2001, I, 2241.
22 Nascimbene
B., “Curdi e albanesi in Italia – Norme nazionali e obblighi
internazionali”, in Corriere giur., 1998, 129.
23 Favilli C., “La comunicazione della Commissione
al Consiglio e al Parlamento europeo su una politica comunitaria
in materia di immigrazione: prime riflessioni”, in Dir., immigrazioni
e cittadinanza, 2001, Fascicolo 1.
24 Nascimbene
Bruno, “L’incorporazione degli accordi di Schengen nel quadro
dell’Unione europea e il futuro ruolo del Comitato parlamentare
di controllo”. Rivista italiana di diritto pubblico comunitario,
1999, fasc. 3–4 (agosto), pagg. 731-742.
25 Documento
relativo all’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della
Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (Comitato
Schengen), pag. 8 (- 2. IL RUOLO DEL COMITATO PARLAMENTARE
E L’INDAGINE CONOSCITIVA. 2.1. Composizione e compiti del
Comitato parlamentare di controllo - online).
27 Chiara Favilli,
“La comunicazione della Commissione al Consiglio e al
Parlamento europeo su una politica comunitaria in materia di immigrazione:
prime riflessioni”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2001,
fasc. 1, 49.
28 Documento
relativo all’indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della
Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (Comitato
Schengen), pag. 18 (- 3. IL SISTEMA DI INFORMAZIONE
SCHENGEN. - online).
29 Menegazzi
Munari F., “La nuova normativa italiana in materia di immigrazione
e il “Terzo Pilastro” del Trattato di Maastricht”, in Riv.
polizia, 1999, 363.
30 Capecchi
Gabriele, “La cooperazione di polizia nel nuovo assetto dell’Unione
europea”. Il diritto comunitario e degli scambi internazionali,
2000, fasc. 1 (marzo), pag. 147-162.
31 De
Amicis Gaetano, Calvanese Ersilia, “Appunti sulla nuova Convenzione
di assistenza giudiziaria penale tra gli Stati membri dell’Unione
Europea”. Giurisprudenza di merito, 2000, fasc. 4-5 (ottobre),
pt. 4, pagg. 1052-1061.
32 Pisani
Mario, “Rapporti giurisdizionali con autorità straniere”.
Rivista italiana di diritto e procedura penale, 2001, fasc. 1
(gennaio), pagg. 331-336.
33 Adobati Enrica,
“L’”acquis” di Schengen
viene “incorporato” nel quadro dell’Unione Europea: una nuova
ipotesi di “cooperazione rafforzata”. Diritto del commercio
internazionale, 1999, fasc. 1 (marzo), pagg. 195-198.
34 Kees Groenendjik,
“Immigrazione e
diritto in Europa nella seconda metà del XX secolo”,
in Dir., immigrazione e cittadinanza, 1999, Fascicolo 4.
35 Adobati Enrica,
“L’”acquis” di Schengen viene “incorporato” nel quadro dell’Unione
Europea: una nuova ipotesi di “cooperazione rafforzata”.
Diritto del commercio internazionale, 1999, fasc. 1 (marzo), pagg.
198- 200.
36 Liguori
Anna, “L’immigrazione e l’Unione Europea”. Il diritto comunitario
e degli scambi internazionali, 2000, fasc. 2 (giugno), pagg. 427-452.
37 Bevilacqua
Marita, “Richiedenti asilo e rifugiati nel sistema di Schengen”.
Nuova rassegna di legislazione, dottrina e giurisprudenza, 1999,
fasc. 12 (giugno 16), pagg. 1214-1220.
38 Menegazzi
Munari F., “La nuova normativa italiana in materia di immigrazione
e il “Terzo Pilastro” del Trattato di Maastricht”, in Riv.
polizia, 1999, 361.
39 Simona Lipparini,
“Il diritto di asilo
nel diritto comunitario: l’evoluzione dal 1958 sino alla comunitarizzazione
dell’acquis di Schengen e le prospettive future”, in Dir., immigrazione
e cittadinanza, 2001, Fascicolo 3.
40 Decreto Legislativo 18 gennaio 2002, n. 52, “Testo unico delle disposizioni
legislative in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini
degli Stati membri dell’Unione europea. (Testo B)”. Pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 83 del 9 aprile 2002 - Supplemento
Ordinario n. 69.
42 COMMISSIONE
DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Bruxelles, 10.04.2002 - COM(2002) 175
definitivo in, “Libro verde su una politica comunitaria di
rimpatrio delle persone che soggiornano illegalmente negli stati
membri”.
43 Bruno Nascimbene, Emanuela Maria Mafrolla, “Recenti
sviluppi della politica comunitaria in materia di immigrazione
e asilo”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2002, Fascicolo
1.
44 Per
una trattazione ampia vedi, “Catalogo delle raccomandazioni per
la corretta applicazione dell’acquis di Schengen e delle migliori
pratiche - Frontiere e allontanamento e riammissione”, in Consiglio
dell’Unione europea, 28 febbraio 2002.
45 Fonte:
Eurostat - nessun dato per IRL, NL e UK, dati mancanti per B,
DK e LUX.
46 Fonte:
Eurostat - nessun dato per DK, IRL, NL e UK, dati mancanti per
FIN.
47 Fonte:
IOM. La maggior parte dei rientri volontari hanno avuto
luogo in partenza dalla Germania (anno 2000: 68 648; anno 1999:
58 469).
48 Joanna Apap,
“Procedure di regolarizzazione
in Europa e criteri di ammissione”,
in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2001, Fascicolo 4.
49 Cfr.
anche SEC (2001) 602 del 9 aprile 2001.
50 Cfr.
GU L 149 del 2 giugno 2001, pag. 34.
51 Bruno Nascimbene,
Emanuela Maria Mafrolla, “Recenti
sviluppi della politica comunitaria in materia di immigrazione
e asilo”, in Dir., immigrazione e cittadinanza, 2002, Fascicolo
1.
52 Per l’intera trattazione dell’argomento vedi, GU L 149 del 2 giugno 2001,
pag. 34; GU C 353 del 7 dicembre 2001, pag. 6; GU C 274 del 19
settembre 1996, pag. 18.
53 Cfr.
GU L 114 del 1° maggio 1999, pag. 2; GU L 138 del 9 maggio 1998,
pag. 6; GU L 205 del 31 luglio 1997, pag. 3.
54 Cfr. Doc. del Consiglio 13409/99.
55 Cfr. Doc. del Consiglio 4272/96.
56 Siglato il 19 dicembre 2001.
57 GU L 239 del 9 settembre 1999, pag. 22.
58 GU L 246 del 17 settembre 1999, pag. 23.
59 COM
(2001) 371 def. del 9 luglio 2001, pag. 46.
60 GU C 304° del 30 ottobre 2001, pag. 16.
61 GU L 205 del 4 agosto 1999, pag. 22.
62 Siglato il 10 gennaio 2002.
63 GU C 213° del 31 luglio 2001, pag. 44.
64 GU L 229 del 31 agosto 1999, pag. 22.
65 GU
L 317 del 15 dicembre 2000, pag. 10/11.
66 Sugli
accordi di riammissione conclusi dall’Italia vedi, par.
2.3 (L’INGRESSO E IL SOGGIORNO: LA PROGRAMMAZIONE DEI FLUSSI DI
ACCESSO AL TERRITORIO), CAP. II.
67 Conclusioni
del Consiglio Ue sull’elaborazione di una politica comune
in materia di immigrazione clandestina, frontiere esterne, rimpatrio
dei clandestini e cooperazione con i paesi terzi, Bruxelles, 16
giugno 2003.
68 Il
Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999,
ha impresso uno slancio decisivo allo sviluppo di una politica
comune di asilo e di immigrazione, allo scopo di realizzare quanto
prescritto dal Trattato di Amsterdam: un’area di libertà,
sicurezza e giustizia nell’Unione europea. A Tampere sono
stati fissati numerosi obiettivi e scadenze, ed istituito un meccanismo
di controllo dei progressi conseguiti in questo settore, secondo
una tabella di marcia, lo “scoreboard”, simile a quella
utilizzata per la realizzazione del mercato interno.
70Progetto
di conclusioni del Consiglio per l’istituzione di un meccanismo
di verifica e valutazione dei paesi terzi in materia di lotta
contro l’immigrazione clandestina, Bruxelles 21 novembre 2003.
71 Ecco il testo
dei punti citati del documento: “34. Il Consiglio europeo
sottolinea che è importante assicurare la cooperazione dei paesi
d’origine e di transito in materia di gestione comune e di controllo
delle frontiere nonché di riammissione. La riammissione da parte
dei paesi terzi comprenderà quella dei loro cittadini presenti
illegalmente in uno Stato membro nonché, nelle stesse condizioni,
la riammissione dei cittadini di paesi terzi di cui possa essere
verificato il transito nel paese in questione. La cooperazione
mira a ottenere risultati a breve e a medio termine. L’Unione
è disposta a fornire l’aiuto tecnico e finanziario necessario
allo scopo, nel qual caso la Comunità europea dovrà disporre di
risorse adeguate nel quadro delle prospettive finanziarie. 35.
Il Consiglio europeo reputa necessario procedere a una valutazione
sistematica delle relazioni con i paesi terzi che non cooperano
nella lotta contro l’immigrazione illegale. Di questa valutazione
si terrà conto nelle relazioni fra l’Unione europea e gli Stati
membri e i paesi interessati, in tutti i settori pertinenti. Una
cooperazione insufficiente da parte di un paese potrebbe rendere
più difficile l’approfondimento delle relazioni tra il paese in
questione e l’Unione. 36. Se non si sarà ottenuto alcun
risultato ricorrendo ai meccanismi comunitari esistenti, il Consiglio
potrà prendere atto, all’unanimità, della mancanza ingiustificata
di cooperazione da parte di un paese terzo nella gestione comune
dei flussi migratori. In tal caso il Consiglio, conformemente
alle norme dei trattati, potrà adottare misure o assumere posizioni
nel quadro della politica estera e di sicurezza comune e delle
altre politiche dell’Unione europea, nel rispetto degli impegni
assunti dall’Unione e senza mettere in discussione gli obiettivi
della cooperazione allo sviluppo”. |